venerdì 27 gennaio 2012

GIORNATA DELLA MEMORIA



Nella Giornata della Memoria, di fronte a quanti sia a livello internazionale che nazionale danno spazio - talvolta anche inconsapevolmente - a rigurgiti di odio e razzismo nei confronti degli ebrei negando l’esistenza delle camere a gas e dei forni crematori, mi preme segnalare il libro “Se Auschwitz è nulla” di Donatella Di Cesare, in cui l’autrice, ripercorrendo il filo rosso che lega tra loro i molti esponenti del negazionismo - dai nuovi hitleriani fino al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad –, ci fa fra l’altro capire che i presupposti all’origine di tale fenomeno non siano nient’affatto storiografici, come pretenderebbero taluni, bensì meramente ed esclusivamente ideologici e politici.

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http://www.youtube.com/watch?v=P6uGI-iI6jE

mercoledì 8 giugno 2011

NOTE&APPUNTI

(1 ottobre 2011) Secondo l’opinione di alcuni autorevoli analisti oggigiorno, in Italia, i giovani rappresenterebbero la prima generazione destinata ad avere meno certezze e meno prospettive rispetto a quelle che l’hanno preceduta. Se così fosse, come essi affermano, personalmente mi riuscirebbe difficile individuare quali maggiori certezze e prospettive avessero i giovani del periodo bellico, chiamati loro malgrado a combattere con il rischio di rimetterci la vita. O i giovani dell’immediato dopoguerra, in un Paese semi distrutto dal conflitto bellico e afflitto dalla povertà e dalla miseria più nere.
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(20 Giugno 2011) Rimango spesso sconcertato e basito di fronte alla mole di certezze granitiche in cui è dato di imbattersi quotidianamente, un po’ ovunque e a tutti i livelli, nonostante l’oggettiva e notoria crescente complessità sia sociale che politica e culturale. E i suoi esiti oltremodo incerti e tutt’altro che definitivi.
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(20 Giugno 2011) Unica nota consolante nell’attuale momento che nostro malgrado stiamo attraversando è che almeno in questa circostanza, rispetto a circostanze similari del passato, non avremo Mike Bongiorno - pace all’anima sua – il quale ci esorti stoltamente all’allegria, com’era solito fare a dispetto dei guai che il Paese stava attraversando, con la sua proverbiale dabbenaggine.

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“Abbi ben chiara la cosa da dire: le parole verranno” ( Catone )

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(29 Marzo 2012) Di fronte alla continua ecatombe, pressoché quotidiana, di personaggi noti, amici, parenti o semplici conoscenti a me per lo più coetanei ho talvolta la sgradita e tormentosa sensazione di essere ormai giunto, ahimè, a uno stadio della vita in cui, a somiglianza di quanto scrisse Ungaretti in una sua celebre lirica riferendosi ai soldati in guerra , "si sta come d'autunno sugli alberi le foglie". Mentre, prima che un malaugurato… colpo di vento possa improvvisamente impedirmelo, mi premerebbe invece portare assolutamente a compimento quantomeno le cose a cui tengo molto e per le quali, si può dire, io abbia vissuto.
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"Ci sono solo due giorni all'anno in cui non si può fare niente. Uno di questi si chiama ieri e l'altro domani. Oggi è perciò il giorno giusto per amare, credere, fare e principalmente vivere"(Dalai Lama)

Ciò non deve impedire tuttavia, con buona pace del Dalai Lama, che noi si possa tranquillamente rimandare a domani, se non a dopodomani, tutte quelle cose assai poco interessanti e gradevoli che non ci sentiamo assolutamente di fare o di prendere in considerazione e che, qualora lo facessimo, rappresenterebbe soltanto una inutile perdita di tempo a scapito di altre cose decisamente più interessanti e gradevoli.

domenica 10 ottobre 2010

VECCHIAIA



(Enzo Pedrocco)

Nel suo libro di memorie Guy de Rothschild scrive, a proposito della vecchiaia, che essa è una disfatta e che, pertanto, “bisogna proibirsi di essere vecchi” : una parola!


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"Il riflesso adocchiato in una vetrina, il rimando della faccia allo specchio da una angolazione insolita ci portano, così dicono, 'la prima inquietante presa di coscienza del fatto che stiamo invecchiando'. Freud racconta di una sensazione del genere: un giorno, in treno, vide entrare improvvisamente nello scompartimento un vecchio. Solo che era lui stesso: Freud aveva colto l’immagine della propria testa nello specchio appeso dietro la porta, che si era spalancata di colpo per un’improvvisa scossa del treno. Ne provò un senso di repulsione".

(HILLMAN / “La forza del carattere” – Adelphi Edizioni 2000 – Trad. di A. Bottini)

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"Non ha (...) fondamento alcuno l'opinione di coloro i quali asseriscono che i vecchi sono esclusi dalla vita attiva : è come dire che il pilota in navigazione non fa nulla perché se ne sta tranquillamente seduto a poppa, reggendo il timone, mentre alcuni si arrampicano sugli alberi, altri corrono qua e là per il ponte, altri svuotano la sentina. Certo, non fa quello che fanno i giovani, ma fa molto di più e meglio. Non con la forza, con la rapidità o l'agilità della persona, bensì col senno, con l'autorità e l'insegnamento si compiono le grandi imprese: son queste anzi le doti delle quali la vecchiaia non solo non rimane priva, ma si fa solitamente più ricca".

(CICERONE,"De senectute" / Trad.di A.Ghelardini)

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Le frasi e brevi riflessioni sulla vecchiaia di grandi personaggi, poeti, scrittori, artisti e filosofi da “Verso sera. Pensieri sulla vecchiaia” a cura di M. Wilhelm – Città Nuova Editrice (2002):

“Mai rimandare a domani quello che puoi fare oggi! Potrebbe essere tanto bello che domani potresti già ripeterlo”( Wilhelm Muhs )


“Si dovrebbe sempre pensare che possiamo morire anche domani. E’ questo tempo che crediamo di avere davanti a noi infinito che a volte ci uccide” (Elsa Triolet)


“Per rendersi conto del livello culturale di una società o di una persona, basta vedere come si comporta nei confronti degli anziani” ( Zenta Maurina Raudive)


“Più si invecchia più la torta del compleanno somiglia ad una fiaccolata” (Katherine Hepburn)


“Diciamo di ammazzare il tempo; come se non fosse il tempo ad ammazzare noi” (Alphonse Allais)


“Chi conserva la facoltà di vedere la bellezza, non invecchia mai” (Franz Kafka)


“Il passare del tempo sfuma i contorni delle vicende e ne addolcisce i risvolti dolorosi” (Giovanni Paolo II)


“Il valore di una vita non si desume dalla sua lunghezza, ma dalla sua profondità” (Gustav Frenssen)


“Devi sempre agire, parlare e pensare come se quell’istante fosse l’ultimo della tua vita” (Marco Aurelio)


“Invecchiare significa vedere se stesso in una luce sempre più chiara” (Simone de Beauvoir)


“Si è vecchi quando il passato è più piacevole dell’avvenire” (John Knittel)


“Quando i tuoi amici cominciano a complimentarsi per la tua aria giovanile, puoi star certo che pensano che stai invecchiando” (Washington Irving)

mercoledì 16 giugno 2010

I QUOTIDIANI NELL’ERA DI INTERNET 2.0




Lungi dall’essere divenuta “la preghiera del mattino dell’uomo moderno” – secondo l’auspicio di Hegel – la lettura del quotidiano o dei quotidiani, sia nella loro tradizionale edizione cartacea che in quella multimediale on line, incontra oggi nuovi e imprevisti ostacoli – fra cui, soprattutto, l’affermazione sempre maggiore di nuovi modi e tempi di fare informazione relativo al cosiddetto “web 2.0” - che vi si frappongono in maniera assai più grave e seria rispetto a qualsivoglia altro ostacolo incontrato in passato.

Fino a qualche decennio addietro, quando il sottoscritto era ancora poco più di un ragazzo, l’ostacolo maggiore che si frapponeva alla lettura giornaliera di uno o più quotidiani nell’edizione cartacea, che era ancora la sola esistente, era rappresentato da una scarsa propensione alla lettura assai diffusa nel nostro Paese e dovuta in gran parte, oltre che a un livello culturale medio affatto insufficiente per disporre della benché minima familiarità con la lingua italiana scritta, al fatto che la giornata della stragrande maggioranza della popolazione italiana era ancora forzatamente assorbita pressoché interamente dalla preoccupazione di mettere insieme quotidianamente pane e companatico. E non c’era quindi assolutamente spazio, né voglia, per distrazioni fuorvianti quali la lettura anche soltanto del quotidiano locale, riservata a pochi privilegiati che, grazie alla discreta condizione economica di cui godevano, potevano tranquillamente permettersi tale “lusso”, assieme curiosamente a pensionati, disoccupati e sfaccendati vari che, pur non godendo ovviamente dei medesimi mezzi economici, potevano tuttavia disporre di tutto il tempo possibile e immaginabile e approfittare nel corso della giornata del quotidiano che, come avviene ancora oggi, molti locali pubblici sono soliti mettere a disposizione dei propri clienti.

Successivamente, di lì a qualche anno, tutto ciò fortunatamente mutò grazie soprattutto a un relativo benessere diffusosi nella maggioranza della popolazione italiana e al varo anche nel nostro Paese, a somiglianza di quanto era già avvenuto da tempo in altri paesi europei, della scolarizzazione di massa. Ma, nonostante che in seguito a tali cambiamenti il quotidiano divenisse ogni giorno di più per molti italiani un mezzo primario di informazione e circolazione delle idee, non ci discostammo tuttavia di molto nella classifica mondiale della lettura dei quotidiani, rimanendo comunque relegati negli ultimi posti, in cui, a distanza di parecchi anni, figuriamo ancora oggi - accanto, paradossalmente, a taluni Paesi in cui notoriamente la libertà di stampa e il diritto all’informazione, fattori indispensabili della democrazia, vengono sistematicamente conculcati – tenendo conto che, come si può leggere fra le altre cose in un interessante articolo di Stephan Faris pubblicato sul “Time” di appena qualche mese fa - Italy’s Newpapers: Untrusted Sources -, solo un italiano su dieci legge ogni giorno un giornale, contro uno su cinque negli Stati Uniti e tre su cinque in Giappone.

In proposito però oggigiorno, a differenza del passato in cui si tendeva sbrigativamente ad attribuire pressoché esclusivamente la causa di tale scarso successo dei quotidiani nel nostro Paese a una supposta idiosincrasia connaturata negli italiani nei confronti della lettura in genere e a dare a torto per scontato che i quotidiani non avessero alcunché di cui rimproverarsi, non pochi analisti sono invece dell’avviso che esso, al di là di tutti i possibili difetti degli italiani, debba senz’altro imputarsi in parte anche a ciò che i quotidiani avrebbero potuto fare e non hanno fatto, e continuano a non fare oggi, al fine di evitare la crisi in cui versano da tempo.

E’ sotto agli occhi di tutti, tanto per fare un esempio, che essi non abbiano innovato pressoché nulla in un secolo e che, se si eccettua qualche dettaglio, come la fotografia a colori o il formato tabloid, i quotidiani che troviamo oggi in edicola non siano poi molto diversi, alla fin fine, da com’erano un secolo addietro. E, quel che è peggio, è che essi tendano per lo più a trasferire la medesima staticità e mancanza di innovazione, in forme diverse, anche nelle loro edizioni on line. Con il risultato di una sostanziale delusione da parte dei lettori, sia giovani che meno giovani, i quali chiedono in genere maggiore partecipazione e interattività; notizie inedite che non risultino, possibilmente, già apprese la sera prima dalla televisione o dalla radio e attinte solo ed esclusivamente dai canali ufficiali, bensì anche da altre fonti di notizie, alternative a questi ultimi, quali blog, citizen journalism, social network etc; e soprattutto immagini e video al posto, preferibilmente, di taluni saccenti pistolotti scritti principalmente, più che per informare, per fare sfoggio della propria prosa e cultura con amici, colleghi, politici etc.

E va da sé che, fintantoché i quotidiani, siano essi cartacei che digitali, non avvertiranno l’esigenza di rinnovarsi, colmando soprattutto il divario esistente tra ciò che in genere offrono e ciò che invece verrebbe loro richiesto, la crisi in atto, non solo non cesserà, ma apparirà addirittura più che logica.

ENZO PEDROCCO



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Murdoch & Co. hanno sprecato tutto

domenica 21 marzo 2010

ITALIANI ESTEROFILI


Dai dati resi noti recentemente dall’Osservatorio Turistico-Alberghiero della Federalberghi relativi all’anno 2009 da poco conclusosi si apprende fra l’altro che, mentre i pernottamenti di turisti stranieri negli alberghi del nostro Paese, nell’anno preso in considerazione, hanno registrato un discreto e incoraggiante aumento, i pernottamenti di turisti italiani hanno registrato invece un calo piuttosto rilevante, per non dire disastroso.

Quale possibile causa all’origine di questa inopinata defezione dei turisti italiani dagli alberghi di casa nostra, da più parti si sono indicati i prezzi alti e scarsamente competitivi di questi ultimi per le tasche degli italiani. Ma, a mio modesto avviso, trovo che ciò non sia affatto vero – o, se lo è, è vero soltanto in parte - e che, all’origine della suddetta defezione, vi sia anzitutto l’inveterata esterofilia di non pochi nostri connazionali.

Durante il periodo preso in esame dalla Federalberghi, infatti, gli italiani, ancorchè disponessero a rigore di meno soldi, a causa dell’avversa congiuntura economica, da dedicare ai viaggi e alle vacanze, non hanno tuttavia rinunciato affatto né a viaggiare né a recarsi in vacanza. Soltanto che essi, da quegli inguaribili esterofili che sono ormai diventati - temendo come una brutta malattia la definizione di provinciali - alle innumerevoli, incantevoli e talora economiche località di cui pullula la nostra Penisola hanno preferito di gran lunga, nella loro stragrande maggioranza, talune remote località esotiche, oltremodo pubblicizzate e ben note un po’ a tutti. E nient’affatto, si badi bene, per risparmiare. Poiché, contrariamente a ciò che comunemente si pensa, tali località, in termini di spesa complessiva, risultano invariabilmente alla fin fine tutt’altro che economiche e vantaggiose, considerando che, al costo del soggiorno – sia pure relativamente competitivo - si deve sempre aggiungere il costo, nient’affatto irrisorio, del viaggio aereo necessario per raggiungerle(ENZO PEDROCCO)


Ho l’impressione talvolta che molti italiani, a giudicare dai loro discorsi e dal loro comportamento, siano convinti che i soldi necessari per far fronte alle molteplici esigenze di un Paese civile ed evoluto qual è il nostro crescano sugli alberi, per opera di un miracolo di qualche santo, anziché dal reddito prodotto dalle sue non poche risorse, che sarà ovviamente tanto più attivo quanto più queste ultime saranno valorizzate, sfruttate e salvaguardate. E non, come avviene purtroppo molto più spesso di quanto non si creda, stoltamente svalutate, sprecate e affossate da una inadeguata amministrazione di esse o, peggio ancora, dall’ indifferenza e la noncuranza più totali nei loro confronti da parte un po' di tutti.

Un esempio, fra i tanti che potrei fare in proposito, può essere rappresentato dalle imminenti vacanze pasquali, che, manco a dirlo, non pochi nostri connazionali si accingono a trascorrere all’estero, affatto incuranti di poter aggravare ulteriormente, così facendo, la crisi che l’Italia sta da tempo attraversando in uno dei settori più vitali della sua economia, qual è indubitabilmente quello turistico. Mentre va da sé che se essi, in una circostanza siffatta, avessero responsabilmente scelto di trascorrere le loro vacanze in qualche località della nostra Penisola, avrebbero senz’altro potuto attenuare quantomeno in parte tale crisi: con indubbi vantaggi, oltre che per il nostro settore turistico, per il Paese tutto(ENZO PEDROCCO)