domenica 10 ottobre 2010

VECCHIAIA



(Enzo Pedrocco)

Nel suo libro di memorie Guy de Rothschild scrive, a proposito della vecchiaia, che essa è una disfatta e che, pertanto, “bisogna proibirsi di essere vecchi” : una parola!


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"Il riflesso adocchiato in una vetrina, il rimando della faccia allo specchio da una angolazione insolita ci portano, così dicono, 'la prima inquietante presa di coscienza del fatto che stiamo invecchiando'. Freud racconta di una sensazione del genere: un giorno, in treno, vide entrare improvvisamente nello scompartimento un vecchio. Solo che era lui stesso: Freud aveva colto l’immagine della propria testa nello specchio appeso dietro la porta, che si era spalancata di colpo per un’improvvisa scossa del treno. Ne provò un senso di repulsione".

(HILLMAN / “La forza del carattere” – Adelphi Edizioni 2000 – Trad. di A. Bottini)

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"Non ha (...) fondamento alcuno l'opinione di coloro i quali asseriscono che i vecchi sono esclusi dalla vita attiva : è come dire che il pilota in navigazione non fa nulla perché se ne sta tranquillamente seduto a poppa, reggendo il timone, mentre alcuni si arrampicano sugli alberi, altri corrono qua e là per il ponte, altri svuotano la sentina. Certo, non fa quello che fanno i giovani, ma fa molto di più e meglio. Non con la forza, con la rapidità o l'agilità della persona, bensì col senno, con l'autorità e l'insegnamento si compiono le grandi imprese: son queste anzi le doti delle quali la vecchiaia non solo non rimane priva, ma si fa solitamente più ricca".

(CICERONE,"De senectute" / Trad.di A.Ghelardini)

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Le frasi e brevi riflessioni sulla vecchiaia di grandi personaggi, poeti, scrittori, artisti e filosofi da “Verso sera. Pensieri sulla vecchiaia” a cura di M. Wilhelm – Città Nuova Editrice (2002):

“Mai rimandare a domani quello che puoi fare oggi! Potrebbe essere tanto bello che domani potresti già ripeterlo”( Wilhelm Muhs )


“Si dovrebbe sempre pensare che possiamo morire anche domani. E’ questo tempo che crediamo di avere davanti a noi infinito che a volte ci uccide” (Elsa Triolet)


“Per rendersi conto del livello culturale di una società o di una persona, basta vedere come si comporta nei confronti degli anziani” ( Zenta Maurina Raudive)


“Più si invecchia più la torta del compleanno somiglia ad una fiaccolata” (Katherine Hepburn)


“Diciamo di ammazzare il tempo; come se non fosse il tempo ad ammazzare noi” (Alphonse Allais)


“Chi conserva la facoltà di vedere la bellezza, non invecchia mai” (Franz Kafka)


“Il passare del tempo sfuma i contorni delle vicende e ne addolcisce i risvolti dolorosi” (Giovanni Paolo II)


“Il valore di una vita non si desume dalla sua lunghezza, ma dalla sua profondità” (Gustav Frenssen)


“Devi sempre agire, parlare e pensare come se quell’istante fosse l’ultimo della tua vita” (Marco Aurelio)


“Invecchiare significa vedere se stesso in una luce sempre più chiara” (Simone de Beauvoir)


“Si è vecchi quando il passato è più piacevole dell’avvenire” (John Knittel)


“Quando i tuoi amici cominciano a complimentarsi per la tua aria giovanile, puoi star certo che pensano che stai invecchiando” (Washington Irving)

mercoledì 16 giugno 2010

I QUOTIDIANI NELL’ERA DI INTERNET 2.0




Lungi dall’essere divenuta “la preghiera del mattino dell’uomo moderno” – secondo l’auspicio di Hegel – la lettura del quotidiano o dei quotidiani, sia nella loro tradizionale edizione cartacea che in quella multimediale on line, incontra oggi nuovi e imprevisti ostacoli – fra cui, soprattutto, l’affermazione sempre maggiore di nuovi modi e tempi di fare informazione relativo al cosiddetto “web 2.0” - che vi si frappongono in maniera assai più grave e seria rispetto a qualsivoglia altro ostacolo incontrato in passato.

Fino a qualche decennio addietro, quando il sottoscritto era ancora poco più di un ragazzo, l’ostacolo maggiore che si frapponeva alla lettura giornaliera di uno o più quotidiani nell’edizione cartacea, che era ancora la sola esistente, era rappresentato da una scarsa propensione alla lettura assai diffusa nel nostro Paese e dovuta in gran parte, oltre che a un livello culturale medio affatto insufficiente per disporre della benché minima familiarità con la lingua italiana scritta, al fatto che la giornata della stragrande maggioranza della popolazione italiana era ancora forzatamente assorbita pressoché interamente dalla preoccupazione di mettere insieme quotidianamente pane e companatico. E non c’era quindi assolutamente spazio, né voglia, per distrazioni fuorvianti quali la lettura anche soltanto del quotidiano locale, riservata a pochi privilegiati che, grazie alla discreta condizione economica di cui godevano, potevano tranquillamente permettersi tale “lusso”, assieme curiosamente a pensionati, disoccupati e sfaccendati vari che, pur non godendo ovviamente dei medesimi mezzi economici, potevano tuttavia disporre di tutto il tempo possibile e immaginabile e approfittare nel corso della giornata del quotidiano che, come avviene ancora oggi, molti locali pubblici sono soliti mettere a disposizione dei propri clienti.

Successivamente, di lì a qualche anno, tutto ciò fortunatamente mutò grazie soprattutto a un relativo benessere diffusosi nella maggioranza della popolazione italiana e al varo anche nel nostro Paese, a somiglianza di quanto era già avvenuto da tempo in altri paesi europei, della scolarizzazione di massa. Ma, nonostante che in seguito a tali cambiamenti il quotidiano divenisse ogni giorno di più per molti italiani un mezzo primario di informazione e circolazione delle idee, non ci discostammo tuttavia di molto nella classifica mondiale della lettura dei quotidiani, rimanendo comunque relegati negli ultimi posti, in cui, a distanza di parecchi anni, figuriamo ancora oggi - accanto, paradossalmente, a taluni Paesi in cui notoriamente la libertà di stampa e il diritto all’informazione, fattori indispensabili della democrazia, vengono sistematicamente conculcati – tenendo conto che, come si può leggere fra le altre cose in un interessante articolo di Stephan Faris pubblicato sul “Time” di appena qualche mese fa - Italy’s Newpapers: Untrusted Sources -, solo un italiano su dieci legge ogni giorno un giornale, contro uno su cinque negli Stati Uniti e tre su cinque in Giappone.

In proposito però oggigiorno, a differenza del passato in cui si tendeva sbrigativamente ad attribuire pressoché esclusivamente la causa di tale scarso successo dei quotidiani nel nostro Paese a una supposta idiosincrasia connaturata negli italiani nei confronti della lettura in genere e a dare a torto per scontato che i quotidiani non avessero alcunché di cui rimproverarsi, non pochi analisti sono invece dell’avviso che esso, al di là di tutti i possibili difetti degli italiani, debba senz’altro imputarsi in parte anche a ciò che i quotidiani avrebbero potuto fare e non hanno fatto, e continuano a non fare oggi, al fine di evitare la crisi in cui versano da tempo.

E’ sotto agli occhi di tutti, tanto per fare un esempio, che essi non abbiano innovato pressoché nulla in un secolo e che, se si eccettua qualche dettaglio, come la fotografia a colori o il formato tabloid, i quotidiani che troviamo oggi in edicola non siano poi molto diversi, alla fin fine, da com’erano un secolo addietro. E, quel che è peggio, è che essi tendano per lo più a trasferire la medesima staticità e mancanza di innovazione, in forme diverse, anche nelle loro edizioni on line. Con il risultato di una sostanziale delusione da parte dei lettori, sia giovani che meno giovani, i quali chiedono in genere maggiore partecipazione e interattività; notizie inedite che non risultino, possibilmente, già apprese la sera prima dalla televisione o dalla radio e attinte solo ed esclusivamente dai canali ufficiali, bensì anche da altre fonti di notizie, alternative a questi ultimi, quali blog, citizen journalism, social network etc; e soprattutto immagini e video al posto, preferibilmente, di taluni saccenti pistolotti scritti principalmente, più che per informare, per fare sfoggio della propria prosa e cultura con amici, colleghi, politici etc.

E va da sé che, fintantoché i quotidiani, siano essi cartacei che digitali, non avvertiranno l’esigenza di rinnovarsi, colmando soprattutto il divario esistente tra ciò che in genere offrono e ciò che invece verrebbe loro richiesto, la crisi in atto, non solo non cesserà, ma apparirà addirittura più che logica.

ENZO PEDROCCO



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domenica 21 marzo 2010

ITALIANI ESTEROFILI


Dai dati resi noti recentemente dall’Osservatorio Turistico-Alberghiero della Federalberghi relativi all’anno 2009 da poco conclusosi si apprende fra l’altro che, mentre i pernottamenti di turisti stranieri negli alberghi del nostro Paese, nell’anno preso in considerazione, hanno registrato un discreto e incoraggiante aumento, i pernottamenti di turisti italiani hanno registrato invece un calo piuttosto rilevante, per non dire disastroso.

Quale possibile causa all’origine di questa inopinata defezione dei turisti italiani dagli alberghi di casa nostra, da più parti si sono indicati i prezzi alti e scarsamente competitivi di questi ultimi per le tasche degli italiani. Ma, a mio modesto avviso, trovo che ciò non sia affatto vero – o, se lo è, è vero soltanto in parte - e che, all’origine della suddetta defezione, vi sia anzitutto l’inveterata esterofilia di non pochi nostri connazionali.

Durante il periodo preso in esame dalla Federalberghi, infatti, gli italiani, ancorchè disponessero a rigore di meno soldi, a causa dell’avversa congiuntura economica, da dedicare ai viaggi e alle vacanze, non hanno tuttavia rinunciato affatto né a viaggiare né a recarsi in vacanza. Soltanto che essi, da quegli inguaribili esterofili che sono ormai diventati - temendo come una brutta malattia la definizione di provinciali - alle innumerevoli, incantevoli e talora economiche località di cui pullula la nostra Penisola hanno preferito di gran lunga, nella loro stragrande maggioranza, talune remote località esotiche, oltremodo pubblicizzate e ben note un po’ a tutti. E nient’affatto, si badi bene, per risparmiare. Poiché, contrariamente a ciò che comunemente si pensa, tali località, in termini di spesa complessiva, risultano invariabilmente alla fin fine tutt’altro che economiche e vantaggiose, considerando che, al costo del soggiorno – sia pure relativamente competitivo - si deve sempre aggiungere il costo, nient’affatto irrisorio, del viaggio aereo necessario per raggiungerle(ENZO PEDROCCO)


Ho l’impressione talvolta che molti italiani, a giudicare dai loro discorsi e dal loro comportamento, siano convinti che i soldi necessari per far fronte alle molteplici esigenze di un Paese civile ed evoluto qual è il nostro crescano sugli alberi, per opera di un miracolo di qualche santo, anziché dal reddito prodotto dalle sue non poche risorse, che sarà ovviamente tanto più attivo quanto più queste ultime saranno valorizzate, sfruttate e salvaguardate. E non, come avviene purtroppo molto più spesso di quanto non si creda, stoltamente svalutate, sprecate e affossate da una inadeguata amministrazione di esse o, peggio ancora, dall’ indifferenza e la noncuranza più totali nei loro confronti da parte un po' di tutti.

Un esempio, fra i tanti che potrei fare in proposito, può essere rappresentato dalle imminenti vacanze pasquali, che, manco a dirlo, non pochi nostri connazionali si accingono a trascorrere all’estero, affatto incuranti di poter aggravare ulteriormente, così facendo, la crisi che l’Italia sta da tempo attraversando in uno dei settori più vitali della sua economia, qual è indubitabilmente quello turistico. Mentre va da sé che se essi, in una circostanza siffatta, avessero responsabilmente scelto di trascorrere le loro vacanze in qualche località della nostra Penisola, avrebbero senz’altro potuto attenuare quantomeno in parte tale crisi: con indubbi vantaggi, oltre che per il nostro settore turistico, per il Paese tutto(ENZO PEDROCCO)

giovedì 4 marzo 2010

GENITORI E FIGLI

GENITORI E FIGLI / UN RAPPORTO FORSE DA RIVEDERE

Diceva Freud che compito dei genitori, nel loro rapporto con i figli, è quello di risultare gradualmente, con il tempo, del tutto superflui. E accettare che i figli, una volta conseguita la pienezza dello sviluppo e della maturità, possano compiere da sé, nella più totale autonomia e senza ingerenza alcuna, le loro scelte. Nonostante la fama e l’autorevolezza indiscusse del fondatore della psicoanalisi, è da supporre tuttavia che, salvo rarissime e improbabili eccezioni, nessun genitore al mondo abbia mai messo e metta in pratica tale suo insegnamento, per quanto fondato e condivisibile esso abbia potuto e possa apparire ai suoi occhi sotto il profilo culturale.

Dacchè mondo è mondo, infatti, assai raramente i genitori hanno rinunciato a plasmare e controllare pervicacemente i propri figli, che per essi, a dispetto non di rado dell’età adulta e di una evidente e palese maturità intellettuale, rimangono in genere sempre tali da abbisognare, comunque, della loro guida e dei loro consigli vita natural durante.

Un atteggiamento questo duro a morire, in specie nel nostro Paese, alla base del quale c’è quasi sempre la discutibile ed erronea convinzione, ricorrente in ogni generazione di genitori, della presunta assolutezza dei valori in cui sono cresciuti. E fintantoché essi rimarranno in tale loro convinzione, continuando a comportarsi di conseguenza, senza mai venire benché minimamente sfiorati dal dubbio che, non fosse che per l’enorme divario di sensibilità, gusto e idee che invariabilmente si determina tra vecchie e nuove generazioni, i figli potrebbero anche essere dell’avviso - al di là del dovuto amore filiale per i genitori - di non sapere che farsene in alcun modo dei loro valori e di preferirne altri affatto diversi, va da sé che il rapporto genitori e figli – checché ne pensasse e ne potesse pensare oggigiorno Freud - continuerà a svolgersi nel modo conflittuale e insoddisfacente da entrambe le parti in cui si è finora svolto.


ENZO PEDROCCOGiustifica

sabato 20 febbraio 2010

IL FUTURO DI VENEZIA E LE GENERAZIONI PIU' GIOVANI



IL FUTURO DI VENEZIA
E LE GENERAZIONI PIU' GIOVANI

Considerato l’andazzo tutt’altro che confortante relativo alle sue vicende economiche e politiche, affinché Venezia non sia inevitabilmente e inesorabilmente destinata in un futuro non troppo lontano a diventare altro da sé, riducendosi a un malinconico e triste simulacro di se stessa, trovo che sarebbe oltremodo auspicabile, se non proprio d’uopo, che nelle sedi più opportune, quali, a esempio, la famiglia e la scuola, ci si prodigasse molto più di quanto oggigiorno non avvenga al fine di instillare nel cuore delle generazioni più giovani, che costituiranno la futura cittadinanza veneziana di domani, l'amore e il rispetto per Venezia e le sue tradizioni.

La questione di fondo nel problema della salvezza di Venezia e della sua salvaguardia, che sottintende e ingloba tutte le altre questioni, è, non a caso, proprio quella dei suoi futuri abitanti. Dal cui numero, ma anche, soprattutto, dall'amore e dal rispetto che essi nutriranno nei suoi confronti dipenderà ovviamente la continuità o meno dell’identità che l'ha fin qui contraddistinta e resa unica e incomparabile. In mancanza della quale, anche una volta che venisse garantita definitivamente la sopravvivenza fisica di Venezia e resa magari florida e prospera come non mai la sua economia, va tuttavia da sé che non sarebbe più, ahinoi, Venezia.

ENZO PEDROCCO


IL GAZZETTINO ( 20.02.2010 )







Il Gazzettino, Sabato 20 Febbraio 2010

IL GAZZETTINO ( 17.02.2010 )







Il Gazzettino, Mercoledì 17 Febbraio 2010

lunedì 8 febbraio 2010

IL MITO ROMANTICO DI VENEZIA




uN’IMMAGINE DURA A MORIRE nonostante LA VENEZIA CARA A Thomas Mann e MAHLER, E A TALUNI INVETERATI NOSTALGICI DI OGGIGIORNO, NON SIA ORMAI CHE UNA PALLIDA REMINESCENZA DEL PASSATO LUNGI DAL CORRISPONDERE ALLA REALTA’



Sono dell'avviso che si possa e si debba amare Venezia senza, per questo, rinunciare all'uso critico della ragione e alla sua evidenza. Di qui la mia idiosincrasia allorché, al fine di approfondire il mio rapporto con la città in cui ho la ventura di vivere, sono solito addentrarmi nella vasta e variegata pubblicistica relativa a essa, nei confronti di taluni savants sia italiani che stranieri, peraltro autorevoli e stimabili, ma con un'immagine affatto precostituita e romantica di Venezia che non corrisponde più, ormai da lungo tempo, alla realtà veneziana. E che, nonostante ciò, non si peritano tuttavia di pontificare e sentenziare con sicumera e saccenteria - in ossequio a che cosa, francamente, non è dato sapere – sui complessi e controversi problemi da cui è suo malgrado afflitta Venezia e in cui sono impegnati, non certo a caso, i migliori specialisti dei diversi ambiti sia umanistici che scientifici.

Mentre è ovvio che la mia adesione, per converso, vada invece a tutti coloro – intellettuali, tecnici, politici e semplici cittadini - che, molto più realisticamente e senza alcuna preclusione aprioristica nei confronti del nuovo, sono in genere consapevoli che un'adeguata soluzione dei problemi di Venezia potrà esservi soltanto a condizione che venga sempre tenuto nel debito conto, dopo averlo preliminarmente affrontato senza salti di analisi e di informazione, l'insieme rigoroso di interdipendenze storiche, naturali, economiche e politiche che ogni problema relativo a una città sui generis qual è Venezia, volenti o nolenti, invariabilmente comporta.

ENZO PEDROCCO

martedì 2 febbraio 2010

UN DESIDERIO DESTINATO A RIMANERE TALE


(Foto tratta dalla Rete)

Così, come in questo rarissimo caso, è come desidererei e mi attenderei di vedere sempre i bambini palestinesi: nella loro genuinità e spontaneità anziché, come spesso è accaduto e accade tuttora, aizzati a tirare le pietre nelle varie intifade, utilizzati come scudi umani negli scontri a fuoco o, peggio ancora, spinti al suicidio da una propaganda diffusa nelle scuole, nelle moschee e nei media (ENZO PEDROCCO)




IL GAZZETTINO ( 30. 01. 2010)







Il Gazzettino, 30 Gennaio 2010

IL GAZZETTINO ( 31. 01. 2010)







Il Gazzettino, 31 Gennaio 2010

sabato 30 gennaio 2010

BURQA SI' BURQA NO


Are you ready? Smile...cheeese! (foto tratta dalla Rete)

LA QUERELLE SUL DIVIETO DELL'USO DEL BURQA. Fra i numerosi personaggi che hanno espresso la loro opinione in proposito, per lo più favorevoli a che, anche nel nostro Paese, l'uso del burqa venga vietato, Daniela Santanchè, oltre ad apprezzare la presa di posizione della Francia, si è rammaricata per il ritardo dell’Italia, ricordando che una sua proposta sul divieto dell’uso del burqa è ferma in parlamento da anni. Mentre Roberto Castelli, sottosegretario alla Giustizia ed esponente della Lega Nord, ha fatto notare che “c’é già una legge che vieta di andare in giro completamente mascherati e in modo non riconoscibile”. E che “si tratta soltanto di applicarla”. Al punto 26 della Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione approvata con decreto del Ministro dell'interno solo alcuni anni addietro, per l'esattezza il 23 Aprile 2007, si può infatti leggere: "In Italia non si pongono restrizioni all’abbigliamento della persona, purché liberamente scelto, e non lesivo della sua dignità. Non sono accettabili forme di vestiario che coprono il volto perché ciò impedisce il riconoscimento della persona e la ostacola nell’entrare in rapporto con gli altri" (ENZO PEDROCCO)




venerdì 22 gennaio 2010

L' EMIGRATO FRA NOSTALGIA E REALTA'


Colonnina antincendio a Little Italy

La recente riforma del diritto di famiglia in Marocco, un evento a dir poco epocale, non fosse che per la prima volta avvicina i diritti della donna a quelli dell'uomo in ambito familiare in un Paese islamico, sorprendentemente e paradossalmente non ha prodotto le ricadute che sarebbe stato logico e ovvio attendersi sulla forte presenza marocchina nel nostro Paese, che, fatte le debite eccezioni, nella sua stragrande maggioranza pare ancora vivere immersa, invece, in una cultura da cui stenta a separarsi nonostante che in Marocco, il Paese da cui essa proviene, sia stata ormai posta definitivamente fuori legge.

Tutto ciò, oltre che suffragare la tesi di taluni esperti secondo cui il legame degli emigrati in genere e i rispettivi Paesi d'origine è un legame soprattutto affettivo e nostalgico del contesto d'origine esistente al momento del distacco, a prescindere dalle sue eventuali successive evoluzioni, mi ricorda il caso, fra gli altri, di taluni nostri connazionali emigrati durante il ventennio fascista negli Stati Uniti, nelle cui abitazioni abbondano ancora oggi le immagini di Mussolini o i tricolori con lo stemma sabaudo a dispetto, non solo del mutamento avvenuto nel frattempo nella realtà italiana, ma anche del ragguardevole numero di loro figli o nipoti che a suo tempo, nell'ultimo conflitto mondiale, non esitarono a combattere nelle fila degli Stati Uniti, dando spesso la vita, proprio per liberare il nostro Paese, oltre che dal nazismo, dal fascismo.

ENZO PEDROCCO


giovedì 14 gennaio 2010

LA SCOPERTA DELL'ACQUA CALDA

Sesso: No Al Profumo, Lui Preferisce l'Odore Naturale Della Pelle Di Lei

(ASCA) - Roma, 14 gen - Addio essenze di rosa, gelsomino, muschio bianco, profumi esotici e fragranze costose: la vera chiave per conquistare un uomo e' l'odore della propria pelle. Questo e' il risultato di uno studio pubblicato su Psychological Science e condotto dai ricercatori americani della Florida State University che si sono chiesti era possibile rintracciare negli esseri umani lo stesso meccanismo animale per cui il livello di testosterone dei maschi cresce in risposta ai segnali olfattivi rilasciati dalle femmine in fase di ovulazione, quando in pratica sono piu' fertili. I test sono stati effettuati sottoponendo alle narici dei volontari indumenti femminili usati e analizzando poi loro campioni di saliva per controllare il livello di testosterone: e' risultato che le magliette delle signore che stavano ovulando non solo facevano aumentare negli uomini il livello dell'ormone, ma erano anche considerate le piu' ''profumate''.

A parte che un po’ tutti, fatta eccezione per gli schifiltosi e schizzinosi delle ultimissime generazioni, hanno scoperto ormai da tempo che il sesso non è soltanto vista, tatto, gusto e udito, ma anche odore - e non quello artificiale dei profumi, ma l’afrore naturale del corpo - chi non ricorda, in proposito, il celeberrimo “Sto tornando a casa...non lavarti” che si dice Napoleone scrivesse all'amata Josephine?